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— Oggi a tavola avremo il dolce; l'ho saputo da don Eliseo.
Ermanno rise un poco, anch'egli contento che ci fosse il dolce, tanto più quando seppe in refettorio che il timballo di crema si offriva per solennizzare il suo ingresso in seminario, e che monsignore dispensava, per quel giorno, i seminaristi dall'obbligo della lettura e del silenzio durante il pasto.
Ermanno si trovò bene subito in quell'ambiente, dove tutto era quiete e regolarità, dove un quadretto appeso al muro precisava, in tanti minuscoli casellari, le diverse occupazioni della giornata e dove l'economo don Eliseo, di cui i seminaristi grandi, quelli del corso di teologia, schernivano l'avarizia, lo prendeva sovente per mano e lo conduceva in dispensa, dicendogli benignamente:
— Scegliete, Monaldeschi, scegliete quanto può farvi piacere e non ascoltate i vostri compagni se vi dicono che sono avaro.
Ermanno sceglieva con modestia un frutto o una ciambella e si domandava perchè adesso tutti gli davano del voi, chiamandolo Monaldeschi, compreso monsignore, che non lo trattava più con l'affettuosità confidenziale di un tempo e che pure Ermanno riconosceva anche più amoroso e vigile intorno a sè.
— Tenete alta la fronte, Monaldeschi - il rettore gli diceva, incontrandolo pensoso e quando lo vedeva appartato durante la ricreazione, presso