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morto che rivivesse. Risentì una gioia sacrilega all'idea che Ermanno poteva a ogni ora spezzare i vincoli nuovi e ridonarsi a lei unicamente, poi si disperò per la sua gioia e fece con più fervida tenacia olocausto al Signore di quella sua diletta creatura, e seguì con l'anima nello sguardo i gesti di monsignore, il quale, solenne fra i merletti della sua cotta, tenendo piegata in avanti la snella persona elegante, suggeriva ad Ermanno con tenerezza austera la professione della fede e ne benediceva la nuova veste con le parole del rito:

— Adiutorium nostrum in Nomine Domine!

Non erano le mani servili del vecchio Titta; ma le stesse bianche mani di monsignore che rivestivano il nuovo seminarista, mentre i presenti intonavano il salmo:

— Ecce quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum.

Vanna singhiozzava appassionatamente e Bindo Ranieri si soffiava ininterrottamente il naso con fragore; intanto Ermanno, pallido, grave, più alto, più slanciato nella sottana violacea a bottoni rossi, faceva il giro dei banchi e dava la pace ai seminaristi.

— Pax tecum - egli diceva a ciascuno, largendo l'amplesso della cristiana fratellanza, e ciascuno rispondeva:

— Et cum spiritu tuo.

L'ultimo seminarista, un giovanetto dai furbi occhi, gli mormorò invece all'orecchio con rapidità: