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maestri della Chiesa, tantochè ella, con sua indicibile meraviglia e inebetimento, si accorgeva di trovarsi in contraddizione con San Giustino, San Grisostomo, Sant'Anselmo, Tertulliano, i quali, con le labbra del confessore, dicevano per lei, misera, motti oscuri, gravi di maledizioni, e ch'ella, nello smarrimento del suo spirito, immaginava accaniti a suo danno, superbamente gioiosi di coglierla in fallo.
— Io credo, io credo - ella ripeteva con fervore umile.
— Non basta. Bisogna credere come la Chiesa impone. Molti eretici avevano l'illusione di credere bene ed erano invece ludibrio nelle mani di Satana.
Non si trattava più di peccare o non peccare, di essere mite, osservante, umile, benefica, com'era stato sufficiente con monsignore, il quale, aperto di mente, di larga coltura, elevato di animo, socievole di costumi, portava nel sacerdozio la probità scrupolosa di un galantuomo a cui altri ha fatto assumere un rude impegno ch'egli vuol mantenere, la intransigenza verso di sè di un gentiluomo, che, spesa inconsapevolmente la propria parola, ad essa vuol tener fede; la tolleranza di un intelletto superiore, che, misurate le forze di ciascuno, a ciascuno domanda solo quel tanto che è ragionevole domandare.
Il predicatore teologo era ben altra cosa, e Vanna, dopo sedute interminabili al confessionale, tornava a casa con una ridda nella testa di nomi,