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che egli aveva veduto così desolatamente afflitta nelle bende vedovili! Il vecchio servo raccolse il vassoio, ma le mani gli tremavano, tanto ch'egli lo depose di nuovo e si mise a piangere, di quel pianto infantile dei vecchi, così triste.
Vanna, a occhi bassi, gli disse con voce quasi spenta:
— Andate, andate, Titta. Mi direte, più tardi che cosa io posso fare per voi.
Titta se ne andò, obliando il vassoio, ed essa lo sentì che si soffiava il naso fragorosamente nella camera attigua. Appoggiò allora i gomiti sull'orlo del tavolinetto rotondo e cominciò a piangere, desolata, non trovando in sè difesa alcuna da opporre alle accuse mute e terribili del vecchio Titta, il quale aveva assunto per lei in quell'istante il carattere augusto di un giustiziere. Ella si rammentava adesso, ripensandoci. Titta l'aveva certo veduta uscire dalla porticina del giardinetto e aveva udito forse lo scoccar dell'ultimo bacio, scambiato da lei e Fritz Langen presso la soglia, con l'audacia degli amanti felici. Dio! Dio! quanto era caduta in basso! Tanto in basso che il giorno medesimo accorse di nuovo obliosa al richiamo di Fritz Langen e rise d'un riso argentino di gioia alle parole dell'amato, che le domandava, con l'estasi nelle pupille, da quale tela di quattrocentista ella era discesa per lui, avvolta così in una veste chiara e leggera, coi capelli fluenti fin sulla fronte e sul collo!
Ma intervenne monsignore, e la catastrofe precipitò.