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Il rimorso pungeva talvolta per questo amore la coscienza di Vanna. Iddio, padrone geloso ed esclusivo di ciascun’anima, s’irrita quando le creature troppo si adorano di affetto caduco; e allora Iddio, nell’ira sua, colpisce, devasta, spezza i legami dei cuori troppo mondanamente avvinti! La passione, anche santificata dal matrimonio, può apparire colpevole agli occhi scrutatori dell’Onniveggente. Egli è solo giudice e padrone, egli solo dispensa, a suo grado e per nostro vantaggio, dolcezza e pene. Questo le aveva detto spesso don Vitale, ed ora Vanna, fissando l’occhio sul talamo deserto, pensava con rimpianto che il Signore forse non l’avrebbe punita, se meno ella avesse amato, se meno si fosse lasciata amare.
Sciolse le mani; il calore di esse sopra la cute del petto, le trasfondeva una mollezza vaga, come il senso fastidioso, eppur delizioso, di un soffio impercettibile, che dalla nuca le scendesse fino alle reni; sospirò, a lungo, ripetutamente, traendo sospiri dal fondo del petto, si gettò sopra le spalle una mantiglia di mussolina bianca e si avvicinò alla grande specchiera mobile, collocata presso un angolo della stanza.
Ella aveva l’abitudine di assorbirsi nella contemplazione della propria immagine. Non già per civetteria. Vanna era semplice al pari del suo piccolo bambino; e nemmeno per vanità, giacchè ella non si curava di piacere. Per piacere bisogna affaticarsi, studiarsi, scrutare sè, scrutare gli altri,