Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/152

— Sta bene, scenderò io in guardaroba a vedere.

Palmina allibì. Come? La signora sarebbe discesa in guardaroba? Il fatto le sembrava inverosimile, sopratutto pericoloso, e stabilì di ricorrere alle carte per allontanare da sè ogni minaccia di verifica; ma, quando si presentò nella saletta da pranzo, ed a bassa voce asserì alla signora che circostanze terribili si andavano maturando e che bisognava scongiurarle, fu respinta con parole brevi.

La signora non discese in guardaroba, distratta da nuovi pensieri, ma, certo, ella appariva tutt'altra persona, più alacre, più sicura, di una più attiva bontà, più altera negli occhi, più dolce nel sorriso, come se ella avesse interamente ritrovata se stessa e le sbarre della gabbia fabbricata dalle sue piccole mani si fossero allargate, lasciandola libera al volo.

Fritz Langen glielo ripeteva, insaziabilmente, fra i baci:

— Sei più bella, ogni giorno più bella. Tu mi aspettavi, senza saperlo. Guai se io non fossi arrivato a salvarti dal maleficio! Saresti morta, povera monna Vanna!

Ed ella rispondeva che veramente si era sentita morire durante lunghi mesi e, ricordando le tristezze passate a confronto delle gioie presenti, provava per Fritz Langen una inesauribile gratitudine amorosa, che la rendeva più molle, più rosea, più soave di abbandono.