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più famoso, ed i mastri poi domandavano, per onore, la cittadinanza orvietana. E fior di principi c'indirizzavano lettere umilissime per ottenere in prestito i nostri operari.

Allorchè Bindo Ranieri cominciava ad esprimersi con parole difficili, il Paterino andava in bestia e diventava insolente.

— San Pier Parenzo - egli disse con ira, stringendo i denti.

Bindo Ranieri diventò grave e gonfiò il collo come un piccione che tuba.

— Sì, ti voglio chiamare San Pier Parenzo. Se non ti piace, ricorri al vescovo.

Fritz Langen, soddisfattissimo, si raschiò la gola e ordinò al garzone un altro fiaschetto. Oramai egli non aveva da far altro che incrociare le braccia ed aspettare. Quando l'apostrofe «San Pier Parenzo» veniva lanciata dal Paterino contro Bindo Ranieri, era indizio che i ferri stavano al fuoco.

Bindo Ranieri masticò male due o tre volte, poi disse, con la freddezza dell'uomo superiore:

— Credi tu forse che San Pier Parenzo facesse il barbiere? Allora m'insulteresti chiamandomi così. Ma Pier di Parenzo, romano, era uomo di vaglia, uomo di polso, mandato dal Papa in Orvieto a podestà per domare l'eresia dei paterini, peste del comune, peste della chiesa.

— E noi gli abbiamo buttato un laccio al collo - il Paterino disse con gioia feroce.

— Prima di tutto non fare il gradasso, buffone!