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i prati smeraldini, la vesticciuola fiammante di Serena, Ermanno, che, festoso, correva tra il verde, cantando, la faccia amabilmente bonaria di Bindo Ranieri, gli occhi di Vanna limpidi e schietti all'ombra del cappello piumato. La florida giovinezza di Fritz Langen adunò in quell'attimo ogni dovizia di gioia, ond'egli, mosso da uno spirito nuovo di amore, sciolse improvviso al canto la voce e intonò una delle canzoni che egli soleva intonare da studente cogli amici, davanti agli alti bicchieri biondeggianti di birra:
Exiit in loculo Rustica puella, Cum grege, cum baculo, Cum lana novella.
Conspexit in cespite Scolarem sedere:
Quid tu facis, domine?
Veni mecum ludere Si avviò così, intonando la canzone goliardica, ed i fanciullini lo seguirono con Bindo Ranieri.
Vanna, rimasta indietro, si era fermata.
Ella rideva pian piano, soavemente, tutta rosea nella luce rosea del pomeriggio primaverile.
Una tale mollezza la vinceva, una tale voluttà ella gustava in sè di abbandono e dissolvimento, che lasciò cadersi di mano il lembo estremo della gonna violacea e abbracciò coll'occhio il cielo che l'abbracciava.
Mormorò a più riprese, battendo le palpebre:
— Oh! mio Dio! Oh! mio Dio!