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ex-maresciallo dei carabinieri, dignitoso e cortese, sollevando nella sinistra un capace annaffiatoio, gli abbozzava un sorriso e un saluto militare.
Fritz Langen aveva già frugato in lungo e in largo l'archivio comunale e anche l'archivio dell'Opera del Duomo.
Oramai non avrebbe dovuto far altro che tornarsene in Germania per presentare la sua dotta memoria sul grande papa umanista e la piccola città umbra; ma, in una odorosa mattina, sentendosi stringere il cuore all'idea di prendere il treno, gli era balenato, con sua viva gioia, il pensiero che Orvieto sorge sulle rovine di una città etrusca e che forse in quei luoghi dov'egli passeggiava così lietamente con Vanna Monaldeschi, i lucumoni e gli auguri si erano dati convegno, e le genti etrusche erano accorse a onorare di culto il loco di Voltumna, divinità involuta, ora maschio, ora femmina.
Era bene accertare, era onesto verificare, sopratutto era piacevole trattenersi in Orvieto, magari per altri sei mesi ancora.
Ne discorse con Bindo Ranieri, il quale, naturalmente, lo fortificò ne' suoi progetti, asserendogli che l'archeologia preparava alla storia di Orvieto grandi sorprese e che ad Orvieto era fino allora mancato un tedesco di polso che dimostrasse come la rupe orvietana era stata illo tempore una città religiosa.
A giudizio di Bindo Ranieri era necessario anzitutto