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Particolarmente lo esaltavano gli occhi delle ragazze orvietane, ond'egli diceva, nel suo linguaggio, tra poetico e grottesco, che ogniqualvolta una donna orvietana si accingeva alla fatica d'incarnare per questo basso mondo una nuova animuccia, domandava in premio al padre di tutte le cose due grandi stelle da piantare in fronte alla bimba futura, e così la bimba nasceva abbellita di quel radioso ornamento.
Ma don Alceste, giovane sacerdote di rara competenza in paleografia, archivista al Comune e all'Opera del Duomo, conobbe un altro Fritz Langen in capo a due settimane. Egli lo vide arrivare una mattina alle dieci e si trovarono bene insieme, dopo le prime parole.
— Io mi sono addottorato da poco all'Università di Bonn e voglio prepararmi per la libera docenza in istoria alla medesima Università. Il tema da me scelto, per la memoria da presentarsi, è questo: un papa umanista e una città umbra all'epoca del Rinascimento.
— Pio II, Enea Silvio Piccolomini, in Orvieto? - don Alceste interrogò, guardando coi grandi occhi neri, già stanchi per avere decifrati troppi codici e tradotte in volgare troppe bolle.
— Precisamente, Enea Silvio Piccolomini.
— Egli fu in Orvieto nel febbraio del 1460 per pacificare definitivamente gli animi divisi dalle fazioni.
— So, so. L'archivio ha in proposito documenti inediti?