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succedevano senza indugio una all’altra, nel corso di una sola stagione; se non che poi avvicinando l’inverno, e fra di noi perdendo allora il Ricino le foglie sue, l’ultima generazione di autunno rimase affamata, e a un tratto fu rotta la catena delle generazioni, che traverso la stagione men buona, si sarebbero condotte alla primavera. Naturalmente si adoperarono degli espedienti per non soffrire questo danno, ma la pratica generale rinunziò ad essi, agli animali, e ai loro prodotti dopo un tempo assai breve.
Il baco dell’Ailanto venne quindi opportunamente a compensare la speranza divenuta incerta per quello del Ricino, col quale il primo per la seta da una parte, per la larva e la farfalla dall’altra, ha quelle grandi somiglianze, per cui tardi assai fu distinto.
Più riservato questo baco nell’opera di riprodursi, dà luogo a una tregua, per la quale le larve in autunno divenute crisalidi entro i bozzoli loro, stan quiete l’inverno, escono come farfalle all’aprir della primavera, e fra l’accoppiarsi, deporre le uova, e il maturar di queste, si consuma il tempo appunto che, basta, perchè al nascer delle larve, l’Ailanto sia già vestito della sua fronda, e possa dare ai nati il necessario alimento.
L’Ailanto è pianta oramai diffusa; la sua coltivazione può dare altri compensi di per se all’agricoltura, sicchè il nuovo baco si raccomandava a più titoli, e prese facilmente nelle speranze degli allevatori il posto del compagno più ritroso delle Indie.
Per quanto il gusto selvatico dell’Antherea Perny la faccia cibare ne’ paesi suoi delle foglie di due specie di Querce (Q. castaneaefolia, Q. Montignii) anch’esse importate, non riuscì il primo tentativo dell’allevamento, e della moltiplicazione degli animali di questa specie, che fu ritentata a più riprese e per ultimo nel 1864. Non pare che sia tentata l’introduzione e l’allevamento dell’Antherea assama delle Indie, che si nutrisce più che altro della foglia di alcune specie di Tetranthera, e di Lauro, talchè sopraggiunse opportuno l’Ya-ma-mai, anch’esso abile a convertire in seta il verde della querce a foglie di castagno, e che fu contento d’altronde della foglia stessa di una querce nostrale (Q. pedunculata). Con questa foglia fu allevato in Francia, ed in Italia da diversi, fra cui il Cornalia di Milano, il Piccioli di Firenze, il Francesconi di Perugia, ecc.
Non è da tacere poi che ora appunto di recente, certo sig.