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occhi. Non v’era dubbio, egli poteva ancora rimediare al suo fallo, salvare sua moglie da una rovina imminente, sdebitarsi con lei di tutti i dolori e di tutte le privazioni a cui l’aveva condannata la sua condotta. Finì di vestirsi con una specie di frenesia, frugò nei suoi scrigni, e vi raggranellò un migliajo di sterline; prese con sè quell’avviso, uscì e corse difilato all’ufficio della Società d’assicurazioni.

— Vengo, diss’egli presentandosi al direttore della Società, ad assicurare la vita della baronessa Emilia Rosen-Strafford, mia moglie, nativa di Dublino, senza figli e dell’età di ventidue anni.

— Sta bene, rispose il direttore, ma è d’uopo prima di addivenire a qualunque trattativa che il signor barone si assoggetti ad una visita medica. E indicandogli una porta a destra sulla quale era scritto: Certificati sanitarii, gli accennò d’entrarvi.

Rosen ne uscì pochi istanti dopo tenendo tra le mani un documento che presentò al direttore, il quale lesse ad alta voce: «Dichiariamo che il barone Alfredo di Rosen, nativo di Londra, e dell’età di anni ventinove, presenta tutti i requisiti di una costituzione sanissima; ha temperamento sanguigno un notevole sviluppo muscolare, membra esatte e ben conformate; ha subíta vaccinazione, e promette di giungere ad età molto avanzata. Interrogato da noi, ha dichiarato tenere sistema di vita regolarissima, ciò che apparisce dal suo stato di salute attuale, e viene a con-