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trizia di Dublino, e aveva sposato Rosen per amore. Si erano conosciuti tre anni prima in un viaggio che il barone aveva fatto in Irlanda; la mente immaginosa della fanciulla, esaltata dalla lettura dei romanzi di Scott, aveva creduto di realizzare in lui quell’ideale d’uomo che aveva portato fino allora nel cuore. Essa lo aveva creduto per quel solo motivo che fa credere alla donna tutto ciò che le piace credere dell’uomo che ama — perchè Rosen era bello. La bellezza a venti anni ha grandi attrattive.
Egli era infatti uno dei giovani più avvenenti di Londra. Aveva statura alta e spigliata, lineamenti esatti, capelli lunghi e biondissimi, occhi grandi ed azzurri, e vestiva colla negligenza ricercata dai fashionables inglesi — i soli che per coltura d’ingegno e per robustezza di mente, emergano in qualche modo su quella classe corrotta e viziosa della società che chiamasi il mondo elegante. Oltre a ciò Rosen cavalcava come un paladino provetto; tirava di spada e di sciabola, e non aveva chi gli togliesse l’onore di un assalto; colpiva le rondini al volo, traversava a nuoto il Tamigi; e possedeva per giunta una virtù che non è comune agli inglesi — cantava con dolcezza e toccava l’arpa con gusto e con sentimento di artista.
Tutte queste doti avevano fatto credere a Emilia Strafford che suo marito avrebbe avuto anche un cuore; nè ella si era ingannata, che Rosen ne aveva uno, e non lo aveva cattivo; ma quelle tristi abitudini della sua vita, quello