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vano la ricostituzione del primo sistema governativo dello Stato.

Ma in quel momento non poteva, come avrei voluto, soffermarmi su queste considerazioni; e d’altronde il mio interesse personale mi avrebbe reso ingiusto nell’apprezzarle. Credete voi che tutti coloro che sedettero — come io ho seduto — su un trono, non abbiano fatte le stesse considerazioni, benchè le abbiano poi soffocate nel fondo della coscienza collo stesso spirito di egoismo?

Un fatto meraviglioso si presenta, fino dalle prime epoche della storia dei popoli, agli occhi dell’osservatore e del filosofo. Cinque o sei furbi matricolati regolano a bacchetta i destini di tutta questa massa sterminata di pecore che è l’umanità. Ho letto, non so più dove: mala bestia esser l’uomo, divina cosa la umanità. Non è vero! Per me ho dovuto sempre guardare all’uomo, all’individuo, alla creatura isolata per sapermi trovare meno in disagio colla massa degli uomini; mi sono riconciliato alla meglio, dacchè vivo, con tre o quattro di loro, ma credo che non mi riconcilierò mai col resto dell’umanità. D’altronde questa credenza ha cessato di addolorarmi.

Ma bando alle digressioni.

Era tempo d’incominciare il giudizio, e feci perciò avanzare il primo colpevole. Fu data lettura dell’atto d’accusa.

Io era tutto orecchi nell’ascoltare, anzi per servirmi d’una frase inglese, era tutto un orecchio, poichè non ignorava che il mio destino dipendeva totalmente dall’esito di quel giudizio.