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rante le espansioni più doverose delle mie tenerezze domestiche? Se giungo a consolidarmi sul trono, rifarò da capo il regolamento interno della mia casa.

E ricordandomi che il ministro attendeva fuori dell’uscio — vengo, soggiunsi a voce più alta, sono da voi, avvertitene il popolo.

Quindi abbracciai la fanciulla che mi diceva: è un vero dispetto, venirvi ad importunare a questa ora. Che orrore! Ma ci rivedremo stassera.

Mi avviai alla sala del giudizio: era mia intenzione di tenere un contegno severo, di impormi, di farmi temere; ciò che pareami sarebbe tornato assai più efficace di un’indulgenza che i miei sudditi erano ben lungi dal meritare.

Oltre a ciò aveva in animo d’introdurre nelle leggi dello Stato alcune disposizioni, la cui saggezza avrebbe potuto dare il concetto più lusinghiero della mia sapienza governativa. — Sarò severo, diceva tra me stesso, ponendo il piede sul limitare della sala, sarò inflessibile: e debbo confessare che in quel momento la mia anima macchinava tristi progetti a danno del mio popolo. Se io riesco a consolidarmi sul trono; se coi tesori di mio padre potrò formare un partito numeroso alla mia causa, muterò sull’istante i vecchi statuti del Regno — ruminava tra me medesimo — e cambierò il governo costituzionale che mi tiene legate le mani in un governo dispotico. Farò, come mio padre, un colpo di Stato. Che cosa è questo governo costituzionale? Una de-