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nata, e sì turbato da tutte quelle apprensioni d’ogni genere, che quello stato di prostrazione m’induceva quasi per bisogno alla tenerezza e ad una espansione confidente e sincera.
— Quanto siete buona! io dissi ad Opala abbracciandola, quanto siete bella! Divina creatura! Voi mi avete preceduto in questa reggia, dove io non rimarrò forse molto tempo, e d’onde non mi sarebbe doloroso l’allontanarmi, se non fosse pel pensiero della vostra perdita. Non credeva di trovarvi subito qui, ve ne ringrazio; aveva proprio bisogno di sollevarmi un poco con voi dalle cure dolorose del mio Stato.
— Io posso tanto sul vostro cuore? — disse la fanciulla — quanto ve ne sono grata! Oh, voi siete sì diverso da vostro... era sì nojoso vostro padre. Non amava che di farsi raccontare delle novelle, di passeggiare su e giù per le nostre sale, di regalarci qualche balocco, di farsi accompagnare a braccetto fino alla soglia del suo appartamento, di farsi reggere da noi la coda dell’abito.... Era insoffribile, perdonate, ma era insoffribile.... Già, credo che avesse settant’anni.
— Pressapoco.
— Ecco! Ma voi siete sì giovine, sì bello, sì vivace. Non sapete... io tremava vedendovi nel padiglione... temeva che vi si volesse costringere a subire quella barbara usanza del nostro paese. Non che mi impaurisse il pensiero che aveste a perdere il vostro trono, giacchè vi avrei amato lo stesso, e voi mi avreste amata ancora di più; ma tremava per
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