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senza un sentimento di compiacenza il gran cordone dell’ordine dell’Annunziata che mi pendeva sul petto, e che trasfondendo qualche stilla di sangue reale nelle mie vene plebee, mi aveva reso a un tratto cugino di Sua Maestà!... Cugino di Sua Maestà!... Dio, quale onore! Ma io stesso era re, e la prospettiva di una corona rendeva debole e lieve la gioia di quella parentela reale.
Pochi istanti prima di approdare, chiamai a me il mio primo ministro, che pure faceva parte della Commissione Potikorese, e volli essere informato sulle condizioni finanziarie, sull’esercito, sull’indole del mio popolo e sulle costituzioni del mio Stato.
— In quanto alla popolazione che il cielo vi ha chiamato a governare, mi diceva il mio primo ministro, facendosi scorrere tra l’indice e il pollice il suo osso di balena, essa non si divide che in due tribù numerosissime, separate l’una dall’altra per una distinzione speciale della natura, e sono la tribù dei Denti bianchi, e la tribù dei Denti neri.
— Denti neri! io dissi, ma ciò è orribile, i loro denti non saranno tutti assolutamente neri.
— Tutti, rispose il ministro con quella dignitosa impassibilità che gli conferiva l’abitudine della sua carica; e tolga il cielo che io voglia esaltare la tribù cui appartengo — e in ciò dire mi fece osservare con una specie di orgoglio i suoi trentadue denti nerissimi — per deprimere l’altra che pure ha dato dei sudditi valenti a vostro padre; ma