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una fanciulla, e ne fui riamato. Essa era divinamente buona, divinamente bella: ci amammo al solo vederci; e quando potei parlarle, le chiesi:

— Come vi chiamate?

Ulrica!

Ulrica! U. Un U! Era una cosa orribile. Come sottomettermi alla violenza atroce, continua di quella vocale? Il mio amore era tutto per me, ma nondimeno trovai la forza di rinunziarvi. Abbandonai Ulrica.

Tentai di guarirmi con un altro affetto. Diedi il mio cuore ad un altra fanciulla. Lo credereste? Seppi più tardi che si chiamava Giulia. Mi divisi anche da quella.

Ebbi un terzo amore. L’esperienza mi aveva reso cauto: m’informai del suo nome prima di darle il mio cuore.

Si chiamava Annetta. Finalmente! Apparecchiammo per le nozze, tutto era combinato, stabilito, allorchè, nell’esaminare il suo certificato di nascita, scopersi con orrore che il suo nome di Annetta, non era che un vezzeggiativo, un abbreviativo di Susanna, Susannetta, e oltre ciò — inorridite! aveva cinque altri nomi di battesimo: Postumia, Uria, Umberta, Giuditta e Lucia.