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Un istinto, di cui ignorava ancora le cause, mi impediva di apprendere quella lettera, di scriverla: ogni volta che mi si facevano leggere le vocali mi arrestava, mio malgrado, d’innanzi all’U; mi veniva meno la voce, un panico indescrivibile s’impossessava di me — io non poteva pronunciare quella vocale!
Scriverla? era peggio! La mia mano sicura nel vergare le altre, diventava convulsa e tremante allorchè mi accingeva a scrivere questa. Ora le aste erano troppo convergenti, ora troppo divergenti; ora formavano un V diritto, ora un Λ capovolto; non poteva tracciare in nessun modo la curva, e spesso non riusciva che a formare una linea serpeggiante e confusa.
Il maestro mi dava del quadrello sulle dita — io m’inacerbiva e piangeva.
Aveva dodici anni, allorchè un giorno vidi scritto sulla lavagna un U colossale, così:
U
Io stava seduto di fronte alla lavagna. Quella vocale era lì, e pareva guardarmi,