Pagina:Tarchetti - Racconti fantastici, 1869.djvu/80


— 80 —

braccia coll’abbandono di una cosa morta, colla leggerezza, coll’adesione di un oggetto aereo, flessibile, soprannaturale. La sua bellezza non era della terra; la sua voce era dolce, ma debole come l’eco di una nota; la sua pupilla nera e velata come per pianto recente, attraversava le più ascose profondità della mia anima senza ferirla, investendola anzi della sua luce come per effetto di un raggio. Noi passammo alcuni istanti così abbracciati: una voluttà mai sentita da me nè prima, nè dopo quell’ora, mi ricercava tutte le fibre. Per un momento io subii tutta l’ebbrezza di quell’amplesso senza avvertirla: ma non m’era posato su questo pensiero, non era appena discesa in me la coscienza di quella voluttà, che sentii compiersi in lei un’orribile trasformazione. Le sue forme piene e delicate che sentiva fremere sotto la mia mano, si appianarono, rientrarono in sè, sparirono; e sotto le mie dita incespicate tra le pieghe che s’erano formate a un tratto nel suo abito, sentii sporgere qua e là l’ossatura di uno scheletro.... Alzai gli occhi rabbrividendo e vidi il suo volto impallidire, affilarsi, scarnarsi, curvarsi sopra la mia bocca; e colla bocca priva di labbra imprimervi un bacio disperato, secco, lungo, terribile... Allora un fremito, un brivido di morte