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un vecchio zio legato a noi, dicevasi, da una comunanza d’interessi, di cui però non ho potuto decifrarmi in alcun modo le ragioni, dopo che, e per la morte di lui e per quella di mio padre, io venni in possesso della fortuna della mia casa.

Egli toccava allora — e parlo di quell’età a cui risalgono queste mie memorie — i novant’anni. Era una figura alta e imponente, benchè leggermente curvata; aveva tratti di volto maestosi, marcati, direi quasi plastici; l’andamento fiero quantunque vacillante per vecchiaia, l’occhio irrequieto e scrutatore, doppiamente vivo su quel viso, di cui gli anni avevano paralizzata la mobilità e l’espressione. Giovine ancora, aveva abbracciato la carriera del sacerdozio, spintovi dalle pressioni insistenti della famiglia; poi aveva buttata la tonaca e s’era dato al militare; la rivoluzione francese lo aveva trovato nelle sue file; egli aveva passato quarantadue anni lontano dalla sua patria, e quando vi ritornò — poichè non aveva rotti i voti contratti colla Chiesa — riprese l’abito di prete che portò senza macchie e senza affettazione di pietà fino alla morte. Lo si sapeva dotato d’indole pronta benchè abitualmente pacata, di volontà indomabile, di mente vasta e erudita, quantunque s’adoprasse a non pa-