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O che la mia natura è inferma, o che io concepisco in modo diverso dagli altri uomini, o che gli altri uomini subiscono, senza avvertirle, le medesime sensazioni. Io sento, e non saprei esprimere in qual guisa, che la mia vita - o ciò che noi chiamiamo propriamente con questo nome - non è incominciata col giorno della mia nascita, non può finire con quello della mia morte: Io sento colla stessa energia, colla stessa pienezza di sensazione con cui sento la vita dell’istante benchè ciò avvenga in modo più oscuro, più strano, più inesplicabile. E d’altra parte come sentiamo noi di vivere nell’istante? Si dice, io vivo. Non basta: nel sonno non si ha coscienza dell’esistere - e nondimeno si vive. Questa coscienza dell’esistere può non essere circoscritta esclusivamente negli stretti limiti di ciò che chiamiamo la vita. Vi possono essere in noi due vite - è sotto forme diverse la credenza di tutti i popoli e di tutte le epoche - l’una essenziale, continuata, imperitura forse; l’altra a periodi, a sbalzi più o meno brevi, più o meno ripetuti: l’una è l’essenza l’altra è la rivelazione, è la forma. Che cosa muore nel mondo? La vita muore, ma lo spirito, il segreto, la forza della vita non muore: tutto vive nel mondo.