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antica avvenenza fosse del tutto svanita, ma si era alterata; era ora un’avvenenza diversa, era la bellezza di un fiore sbocciato all’ombra, di un frutto maturato precocemente perchè roso dal tarlo. Il volto del giovine era pallido, ma quello di Silvia era bianco, più bianco dell’abito lungo e vaporoso che avvolgeva la sua persona, se non che gli zigomi delle guancie un po’ asciutte erano leggermente rosati, ma senza sfumatura come se vi fossero state sovrapposte due foglie di rosa già scolorite. I suoi capelli avevano quel lucido morto che hanno ordinariamente i capelli degli infermi, e pendevano, non sciolti ma scomposti, sulla testa del giovine che la stava guardando con espressione di pietà inesprimibile.
Il pallore di lui, benchè estremo, non era di quel genere che danno le malattie, ma di quello che dà l’abitudine del pensiero e del dolore. Egli era ancora più bello di quanto mi fosse sembrato al teatro — e questa volta aveva potuto giudicarne davvicino — bello di una beltà più femminile che maschia, ma ad ogni modo assai bello.
I suoi capelli biondi e quasi dorati facevano uno strano contrasto così confusi colle treccie nerissime della fanciulla. Io non aveva ve-