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dagogo di casa i primi erudimenti dello scrivere, e i nomi di tre o quattro classici latini di cui sapeva citare all’occorrenza alcuni distici ben conosciuti. Come tutti i meridionali aveva la passione della caccia, dei cavalli e dell’amore — tre passioni che spesso sembrano camminare di conserva come tre buoni puledri di posta — potevale appagare a suo talento, nè s’era mai dato un pensiero di più; non aveva neppur mai immaginato che al di là di quelle creste frastagliate degli Appennini vi fossero degli altri paesi, degli altri uomini e delle altre passioni.
Del resto siccome la sapienza non è uno dei requisiti indispensabili alla felicità — anzi parci l’opposto — il giovine barone di B. sentivasi perfettamente felice col semplice corredo dei suoi distici; e non erano meno felici con lui i suoi domestici, le sue donne, i suoi limieri, e le sue dodici livree verdi incaricate di precedere e seguire la sua carrozza di gala nelle circostanze solenni.
Un solo fatto luttuoso aveva, alcuni mesi prima dell’epoca a cui risale il nostro racconto, portata la desolazione in una famiglia addetta al servigio della casa e alterate le tradizioni pacifiche del castello. Una cameriera del barone, una fanciulla che si sapeva aver tenute tresche