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meni singolari si compievano intorno a me.
Dal lucignolo della candela che mi pareva avere spento, che era d’altronde una stearica pura, si sollevavano in giro delle spire di fumo sì fitte e sì nere, che raccogliendosi sotto il soffitto lo nascondevano, e assumevano apparenza di una cappa pesante di piombo: l’atmosfera della stanza, divenuta ad un tratto soffocante, era impregnata di un odore simile a quello che esala dalla carne viva abbrustolita, le mie orecchie erano assordate da un brontolio incessante di cui non sapeva indovinare le cause, e la rotella che vedeva lì, tra le mie carte, pareva muoversi e girare sulla superficie del tavolo, come in preda a convulsioni strane e violenti.
Durai non so quanto tempo in quello stato: io non poteva distogliere la mia attenzione da quella rotella. I miei sensi, le mie facoltà, le mie idee, tutto era concentrato in quella vista, tutto mi attraeva a lei; io voleva sollevarmi, discendere dal letto, uscire, ma non mi era possibile; e la mia desolazione era giunta a tal grado che quasi non ebbi a provare alcuno spavento, allorchè dissipatosi a un tratto il fumo emanato dal lucignolo della candela, vidi sollevarsi la tenda dell’uscio e comparire il fantasma aspettato.