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UN OSSO DI MORTO




Lascio a chi mi legge l’apprezzamento del fatto inesplicabile che sto per raccontare.

Nel 1855, domiciliatomi a Pavia, m’era dato allo studio del disegno in una scuola privata di quella città; e dopo alcuni mesi di soggiorno aveva stretto relazione con certo Federico M. che era professore di patologia e di clinica per l’insegnamento universitario, e che morì di apoplessia fulminante pochi mesi dopo che lo aveva conosciuto. Era uomo amantissimo delle scienze, e della sua in particolare — aveva virtù e doti di mente non comuni — senonchè, come tutti gli anatomisti ed i clinici in genere, era scettico profondamente e inguaribilmente — lo era per convinzione, nè io potei mai indurlo alle mie credenze, per quanto mi vi adoprassi nelle discussioni appassio-