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petulanti, e già da alcuni mesi la povera fanciulla soffriva le persecuzioni del marchese continuate colla più impudente perseveranza. — Ciò non ostante, essa godeva di quella ineffabile tranquillità che nasce dal lavoro e dall’esercizio d’una vita innocua e virtuosa; amava un onesto operaio cui era fidanzata, e rammentava come i più bei giorni della sua esistenza alcune passeggiate fatte con lui in campagna: un ruscello che scorre, un salice agitato dal vento, una farfalla che aleggia intorno a un rosaio, una gemma di rugiada tremolante sopra una foglia di pervinca, erano i punti più luminosi di quel gran quadro, in cui ella vedeva come riprodotto il suo passato.

Concorrevano per altro a questa felicità molte circostanze che ne facevano una delle più agiate operaie. Essa guadagnava circa diciotto soldi al giorno, ciò che è il massimo guadagno ottenibile in quell’arte, e possedeva nel vecchio quartiere del Coperto Figini, un piccolo, ma grazioso appartamento, lasciatole come in eredità da sua madre. Consisteva in una piccola sala, una cameretta da letto, e una specie di tinello che serviale da cucina, pulito, quasi elegante: vi si entrava per uno stretto corridoio che partiva dalla scala comune, due finestre erano prospicienti alla piazza ornate sempre d’alcuni vasi d’azzalee, con cortine di mussola bianca listata. — La cameretta da letto conteneva un lettino a padiglione, una toletta con tavola di tarso e un vaso di porcellana sempre ripieno di fiori freschi; la sala una gran tavola intarsiata, un tavolino da lavoro con cestello, un pendolo a muro, un sofà e alcune sedie coperte