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troppo insultante, e che il volto della ragazza s’era fatto di fiamme: via, Paolina, siate gentile, date la vostra mano al marchese: quante tose sarebbero fortunate di questa preferenza!

Quella vittima allungò macchinalmente la sua mano piccola, breve, leggermente affilata, e alzando gli occhi verso la signora, disse con risolutezza:

— Io vi obbedisco, madama, ma sappiate che non mi onoro punto di questa preferenza.

— Oh! oh! interruppe il conte F., che colle punte delle dita, stava inanellando un riccio alla dispettosa dai capelli rossi, questo è un parlare troppo reciso, è una severità incompatibile con un viso così dolce come il vostro, e con un adoratore tanto sommesso ed ubbidiente come il mio amico: caro marchese, voi siete in credito d’una riparazione.

— No, no, rispose l’altro, con un tal fuoco d’asserzione che pareva reale, io non posso offendermi d’alcuna cosa che mi venga da questa ragazza: ella può odiarmi, abborrirmi, farmi morire di passione, io non mi indurrò mai ad usarle un tratto severo. E rivolgendosi a lei con piglio più sdolcinato: non lo credete Paolina? sarete sempre così inflessibile? così irragionevole?... Ma che vedo! voi state cucendo una delle mie camicie; oh, quanto mi saranno preziose!

— Appunto, interruppe madama dal suo trono — che era una sedia a bracciuoli più elevata, che usava per segno di distinzione, e da cui stava sorvegliando le operaie — prima di cucirvi il solino, misurate se l’apertura del collo non sia ancora troppo grande.