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paolina. | 171 |
tributo: erano le loro bellezze più incantevoli, erano le bottiglie del Monferrato e i fiaschi di Montepulciano che vi rappresentavano la parte produttrice e prodotta del paese; ma non è a dirsi come quelle donne impallidissero d’innanzi alle Muse celebrate di quell’Olimpo. — Milano è la patria della bellezza.
Noi rinunciamo ad una descrizione più estesa. — Figuratevi il frastuono di quell’ultima giornata — le grida, le urla delle maschere, — il moto assordante delle carrozze — poi i coriandoli che fioccano a sacchi dalle finestre — manate di confetti che vi colpiscono nel viso — gruppi di fanciulli che vi si buttano tra i piedi a raccoglierli — una mostra di testine bionde dai balconi che vi seduce — qualche piedino incauto che si scopre, un estatico che lo ammira, e un arancio lì pronto che lo colpisce d’improvviso e gli caccia bruscamente il cappello nelle spalle — una mano bianca e misteriosa che vi getta con delicatezza un confetto magnifico, e un indiscreto di dietro che ve lo piglia al volo — ; una grossa maschera che passa correndo, vi saluta e vi schiaccia un piede — un prete bersagliato da tutti i proiettili che si ripara indarno bestemmiando sotto le porte — un eccentrico che cala dal balcone un frutto candito appeso ad un filo, e batte sul naso agli inquilini del balcone sottostante: cento mani si agitano per afferrarlo, e il confetto risale — una società di filantropi spazzatori che coll’occhialino all’occhio e colle gravi maniere di perfetti gentiluomini, vi salutano e vi chiedono licenza di pulirvi l’abito — un nervoso che fugge a casa maledicendo i rumori — un ub-