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164 | paolina. |
il più vile degli assassini si sentirebbe contaminato dalla vostra presenza.
— Laida e sfrontata mezzana, le rispose il marchese, ringraziate la mia alta posizione sociale, che non mi permette di punirvi come meriterebbe la vostra sfacciata impudenza. Che intendereste voi di farmi credere con questa storiella? E cosa è questo tranello in cui sono stato condotto? Che ho avuto io di comune con voi e con questa vostra sgualdrina? Siatemi obbligata e molto della mia indulgenza generosa, che si limita soltanto a disprezzarvi.
Elisa si appoggiò presso il cadavere di Paolina, torcendosi le mani, e chiedendo al cielo la forza di sopportare gli oltraggi di quell’uomo scellerato e perverso.
Allora il marchese, approfittando di quel momento di noncuranza, si rivolse al suo compagno e gli disse:
— Venite, venite, caro amico, usciamo di qui, andiamo da Biffi a prendere un bicchiere di melange; questo spettacolo mi ha tutto sconvolto.
E aprendo l’uscio con violenza, lo rinchiusero dietro di loro, e discesero rapidamente le scale.
È oltre la mezzanotte, superiamo un ribrezzo superstizioso, entriamo nella stanza di Paolina, andiamo a contemplare le prime traccie della distruzione sopra un volto avvenente di diciassette anni. — Chi di voi, miei lettori, non ha vegliato una notte presso un cadavere? — Le idee della vita scaturiscono inesauribili dall’immagine della morte: il volto di un defunto è un immenso poema, in cui le anime sensibili leggono le pagine più recondite del loro destino. — Vi ha