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soffiandosi sulle mani tutte arrossate dal freddo; non v’era a dubitarne, egli sta bene, e la febbre lo ha del tutto abbandonato: ma v’ha di più: gli si è fatto intendere che il suo processo è finito, e che v’è a scommettere cento contr’uno che è stato assolto per deficenza di prove.

— Oh mio Dio! esclamò Paolina, potessi io vederlo prima di morire. Sì, sì, aggiunse con fuoco, morire anche subito, ora, sull’istante, purchè mi fosse riserbata questa felicità, il cui desiderio mi opprime colla sua tormentosa insistenza.

— Nulla di più facile, disse Elisa, voi lo vedrete; è impossibile che il marchese vi abbia a negare questa grazia quando conoscerà il vostro stato; e s’egli esitasse, io ve lo spingerei colla minaccia d’un’accusa: se non fosse per ciò, voi sapete che non avrei mai acconsentito a questo vostro desiderio. E non avete detto nulla a Luigi della malattia di Paolina? continuò rivolgendosi a Marianna.

— Sì, disse la Mineu, era ben meglio prevenirlo, come voi mi avevate avvertita; ma non accennai punto alla sua gravità, nè alle cause che l’hanno provocata. Egli è quasi tranquillo, e, guardate il bel regalo che vi manda, disse a Paolina, un giacinto azzurro di quei doppî, che ha fatto crescere egli stesso in una piccola ampolla d’acqua sulla sua finestra.

Paolina lo avvicinò alle labbra, ne aspirò il profumo, stette qualche tempo raccolta e silenziosa come pensasse a qualche cosa lontana e diletta, poi si pose a piangere, dicendo: — O Marianna, egli è un assai triste dono quello che voi mi avete recato. Io era rassegnata, io era tranquilla sul mio