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La fanciulla ne ebbe compassione e lasciò cadere una lacrima, che si arrestò sulla sua mano indurita e rotonda come una gemma, e nella rifrazione dei raggi che ne uscirono, vide il corpo della falena ingrossarsi, agitarsi, muoversi, riacquistare tutte le sue forme, vestirsi di tutti i colori dell’arco baleno, per modo che ne uscì a poco a poco una farfalla iride così bella, che la fanciulla non aveva mai veduto l’uguale aggirarsi sui calici dorati del verbasco. L’insetto si alzò a volo, e prese a girarle intorno al capo in curve rapidissime e vertiginose. Quante volte compieva il suo giro, e ripassavale d’innanzi allo sguardo, assumeva una forma più importante, e quantunque ogni circolo divenisse sempre più vasto, essa ingrandivasi e modificavasi ad ogni curva. Dapprima fu una farfalla grande, poi tornò ed era una libellula dalle ali di raso, poi un uccello di paradiso, poi un silfo, e finalmente un angelo.

A questo punto il suo sogno si confuse, ella medesima divenne quell’angelo; l’orizzonte si abbassò gradatamente al suo sguardo, e si trovò sospesa nello spazio. Una nube diafana e bianchissima come una falda di neve, rifletteva la sua immagine come in una lama pulita di argento. Strana trasformazione! Erano ancora i suoi occhi neri, i suoi capelli neri, il suo volto pallido e macilento, e pure essa vedevasi così bella, che nessuna creatura umana le era mai apparsa tale sulla terra. La terra.... vi rivolse uno sguardo dall’alto, e le apparve come un disco immenso e luminoso: le dimore degli uomini ne erano invisibili, e tuttavia vi scorgeva ancora la sua camera, e infilzato sulla punta di