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suo domestico, e avvolgendosi nel suo mantello di ermellino si accinse ad uscire.

Il marchese dimostrò una gioia infernale per questa sconfitta, e più ancora perchè essa gli apriva l’adito ad un’altra vittoria di cui aveva cominciato a temere.

— Ora a voi, disse a Paolina, mostrandosi tutto agitato, ho fatto credere alla contessa che, all’uscire dal ballo, voi sareste venuta con me ad un mio appartamento situato di fronte al suo palazzo; ella è uscita per prevenirci, e ci spierà ora dalla sua finestra, ne sono certo; venite dunque, salirete nella mia carrozza, vi vedrà discenderne a salire le scale con me, allora non avrò a chiedervi altro, sarà tutto finito, e voi uscirete subito da una porta che mette nella via opposta.

— Ah, signore, esclamò Paolina, io temo che Dio non mi perdonerà più questa cattiva azione!

— E quale? disse il marchese, trasalendo.

— L’inganno che io faccio a quella buona donna, essa nulla mi ha fatto di male.

— Sciocchezze! esclamò egli sdegnosamente, scuotendo le spalle, non vi ho forse confidato lo scopo di tutta questa finzione? Via, non vogliate pagarmi d’ingratitudine, rimettete la vostra maschera e usciamo.

Paolina si lasciò trascinare fuori del teatro, e nel porre il piede sulla predella della carrozza, sentì come una tentazione di ritirarlo e di opporsi con energia alla volontà del marchese, finchè n’era in tempo; ma prima che avesse saputo risolversi, lo sportello era già chiuso dietro di lei, e