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il marchese riprendeva per poco il suo fare antico, e il suo volto si animava di quella franchezza impudente che era il segreto delle sue seduzioni.

— Per costringere la contessa ad una risoluzione, le ho fatto sospettare che non l’amassi più, ma amassi in vece sua una donna giovine, dolce, avvenente, una ragazza poveretta e bellissima cui avrei dato il mio nome e la mia fortuna; voi dovete essere questa fanciulla, Paolina; vi sarà domani un ballo di maschere alla Scala, ho fatto sapere indirettamente alla contessa che vi andrò con questa fanciulla; ella verrà, voi dovete quindi venirvi con me, o anche senza di me, purchè vi accompagniate meco un istante e vi facciate vedere al mio braccio. Se il ballo non vi divertirà non vi rimarrete che un’ora, non avrete che a togliervi la maschera quando ve ne pregherò io; soltanto che essa vi veda una sola volta, e sarete libera. Che ne dite, Paolina?

La fanciulla rimase tutta turbata, e benchè non dubitasse della verità di questo intrigo amoroso, ebbe non so quale presagio che tale avvenimento le sarebbe riuscito funesto.

Il marchese, vedendo ch’essa esitava a rispondere, e indovinando forse i motivi della sua titubanza, disse con certo suono di voce che pareva accompagnare un sentimento sincero:

— Comprendo la vostra esitazione: io vi sembro chiedere ricompensa d’un beneficio che non ho ancora compiuto, e la vostra coscienza vi autorizza a ricusarlo, sta bene.... ma se ieri avessi rinvenuto in Milano il presidente, voi sapete che