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fosca | 91 |
riferire i miei mali alla Provvidenza, come a cosa che mi è dolce reputar equa e benefica), tante e tanto stranamente dolorose erano le circostanze in cui allora mi trovava. Lontano dalla donna che amava più della mia vita, che non avrei riveduto forse mai più, il cui amore aveva ritemprato la mia fede e il mio ingegno; adorato da lei, buona, bella, simile in tutto a me, riflesso dell’anima mia, doveva darmi ad una creatura che quasi abborriva, usare con lei i modi dell’affetto, ripeterle le stesse espressioni che aveva dette a Clara, versare in essa la piena del mio cuore tumultuante!… Oh se fosse stato per Clara che io mi trovava lì, in quella camera, se fosse stata essa che io stava per riabbracciare, di quanta felicità sarebbe stata innondata la mia anima! E pensava ai primi giorni del nostro amore, a quella prima volta che l’aveva attesa nel mio stanzino, pazzo, ebbro, delirante; al tremito che aveva provato al contatto della sua mano, al fruscio del suo abito, al suono della sua prima parola...
Entusiasmi svaniti per sempre, inganni, errori, illusioni — unico vero, unica grandezza della vita — egli è da gran tempo che io vi ho perduti; nè ritrovo oggi tampoco le traccie delle vostre rovine, o un eco delle vostre gioie per rammentarvi e per piangervi.
Se avessi esitato ancora qualche istante ad entrare nella camera di Fosca, non vi sarei andato più; me ne sarebbe venuto meno il coraggio. Vi entrai risoluto.
Al lieve rumore dell’uscio trasalì, e rivolse il capo dalla mia parte.
— Son io, Giorgio, non temete.
— Oh mio Dio! oh mio Dio!
E si coprì il volto con un lembo del lenzuolo. Singhiozzava così coperta e fremeva.
Mi sedetti al suo capezzale, e mi guardai dintorno. La