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appena confessato, non corrisposto, possa elevarsi in un attimo a questo grado di passione? Egli è che io non ho potuto comprender nulla del carattere di quella donna. Non riesco a spiegarmi la sua condotta, mi trovo di fronte a lei come di fronte ad un mito.

— Che cosa vorreste capire del carattere di una creatura che vive continuamente sotto l’influenza di una malattia nervosa, la più complicata, la più assoluta, la più fenomenale? Bisognerebbe che conviveste con lei dieci anni per afferrare, nei pochi e rarissimi momenti di calma, il fondo vero e naturale del suo carattere. Sapreste dirmi come è fatto il letto di un fiume che scorre sempre torbido e gonfio? La sua arditezza vi sarà sembrata strana, la sua prontezza ad amarvi incomprensibile, lo capisco facilmente; pure io vi dico che l’onestà di quella donna malata vale per lo meno l’onestà di cento donne sane. È la malattia dell’amore, è l’irritabilità elevata all’ultima potenza. Voi altri spiritualisti vivete costantemente in un mondo pieno di ubbìe, non capite nulla della natura umana; avete fatto dell’onestà della donna una questione di virtù e di carattere, mentre nòn è quasi mai che una questione di nervi e di temperamento. Se Lucrezia avesse avuto una costituzione meno linfatica, un sistema nervoso meno languido, se fosse stata malata d’isterismo, credete che la monarchia dei Tarquinii?...

— Via, diss’io interrompendolo, sapete che abborro da queste teorie materialistiche, che non le voglio accettare, per quanto la ragione si ostini a ripetermi che sono le vere. Mi avete detto che il nostro tempo è limitato, sentiamo cosa posso fare per quella donna.

— Una cosa semplicissima.

— Cioè?

— Venire da lei.