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fosca 83

— È ciò che io desiderava.

— Ne sono felice. Spero che non avremo più motivo di parlare di noi.

— Potete anche sperare che non ci vedremo più.

— Sia, diss’io esitando, sarebbe affliggente, ma utile.

Ella si alzò, s’inchinò freddamente, ed uscì senza guardarmi.

Non l’avrei io realmente più veduta? Ne dubitava.


XXIV.


Però, ripensandoci, era lieto di queste spiegazioni. Esse mi davano almeno il diritto di dimenticarla, e mi scioglievano da quel debito di pietà che mi pareva aver contratto verso di lei. Buona, mite, soffrente, l’avrei avuta cara e compianta; fredda, ironica, sprezzante, non avrei più sentito per essa che dell’indifferenza. Ciò che mi teneva in pensiei’o era l’impossibilità di darmi ragione della mutabilità del suo contegno, dell’incoerenza della sua condotta. Per quanto mi arrovellassi non poteva comprendere la natura di quel carattere, non riusciva a metterlo bene in luce. Fino a quel momento era stato incerto tra l’ammirazione e il disprezzo — gli estremi della sua condotta esigevano apprezzamenti estremi — dopo quel dialogo, freddo, caustico, artificioso, non sentiva nemmeno più il bisogno di giudicarla — essa mi era perfettamente indifferente.

Perciò alla sera, quando mi fu detto che ella era ammalata, ascoltai quella notizia con freddezza, e l’abitudine di non vederla più per molti giorni fu causa che me ne dimenticassi interamente.

Avrebbe ella serbato la sua promessa? Incominciava