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fosca | 59 |
vi gettava orizzontalmente alcuni de’ suoi raggi. Le sommità delle piante erano talmente ampie, e avevano talmente intrecciato i loro rami che vi raccoglievano e vi trattenevano quasi tutta quella luce, come sotto un padiglione di verzura impenetrabile. Quegli effetti di sole erano meravigliosi. La mia anima era rapita da quello spettacolo. Se Clara fosse stata con me!... Le ultime parole che mi aveva detto Fosca risuonavano ancora al mio orecchio come un eco, aveva ancora nel cuore qualche cosa della sensazione che ne aveva ricevuto.
— Come! proruppi io improvvisamente quasi per rispondere a me stesso e a’ suoi dubbii sconfortanti, come si può pensare a morire quando tutto ciò che ci circonda è così pieno di vita, è così bello; quando vi è ancora tanta parte di esistenza innanzi a noi? Guardate questi alberi, questo tappeto di viole, questo orizzonte... Non vi pare che la sola sensazione dell’esistere, il vedere, il sentire, il toccare, il muoversi, il respirare in questo luogo sia tal cosa che debba renderci allettante la vita?
— Perchè non avete aggiunto, pensare?
— I pensieri che nascono dalla contemplazione della natura non possono non essere che sereni.
— Voi non conoscete tutti gli abissi del pensiero.
— Forse...
— Nè le sue torture.
— Queste sì, conosco però anche le sue dolcezze.
— Io non le ho mai conosciute.
— Vorrei dirvi ingiusta. Sono convinto che non vi è assoluta infelicità, nè felicità assoluta. L’eredità di beni e di mali che ci ha legato la natura, può eccedere o difettare nella misura di questi o di quelli, ma ciascun uomo ne ha una parte — piccola o grande, ne ha una — non vi è esistenza così misera che non sia stata letificata un istante da un baleno di fugace felicità... Poc’anzi mi parlavate dei piaceri della fantasia.