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l’aria di non avvertirle, fosse vera inconsapevolezza, o artifizio.

Uscimmo come s’era convenuto. Il colonnello avendo incontrato per via un suo amico, si accompagnò con esso, e mi disse:

— Siete un cattivo cavaliere; mia cugina non è troppo sicura delle sue gambe, datele il braccio.

Così rimasi solo con essa.

Dacché aveva lasciato Clara non aveva più dato il braccio ad una donna; ed erano parecchi anni che, lei toltane, non m’era trovato in questa specie di contatto con una di loro. Camminammo per qualche tempo senza parlare. Fosca era assai mesta.

— Stamattina vi ho forse spaventato, mi diss’ella con dolcezza, ne fui afflitta per voi, molto afflitta; ma chi l’avrebbe preveduto? Fu una sorpresa così triste! Non ho molta paura di morire, ve lo giuro, benché sappia chili ori ho più gran tempo a vivere; ma ho paura di tutto ciò che accompagna e segue la morte: quel vedersi chiusi tra quattro tavole, quel sentirsi buttare la terra addosso, quel disfarsi... tutto ciò è troppo orribile! Se si potesse morire improvvisamente, nella pienezza della gioventù e della salute, e se la morte fosse un annichilimento istantaneo, io l’avrei implorata di già come una benedizione!

— Ma questi pensieri vi fanno male, io le risposi.

Perchè pensare a queste cose? Non vedo nella vostra salute motivo di tanta apprensione — e anche qui sapeva di mentire. — Mi avete fatto pena, è vero, ma non mi avete spaventato, perchè sapeva che non v’era in ciò alcun pericolo.

— Ve l’avevano già detto?

— Sì.

— Mi avevate già sentita?