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Ella lo vide, impallidì, retrocesse, si cacciò le mani nei capelli, emise un urlo terribile, e cadde rovesciata sul pavimento.

Le sue cameriere accorsero e la trasportarono nelle sue stanze in preda alle convulsioni più violente.

Io uscii da quella casa quasi insensato.


XVI.

Credeva che questo avvenimento le avrebbe impedito d’uscire, e ne sarei stato lieto, giacchè avevo ricevuto in quel giorno una lettera di Clara, e mi sentiva l’anima tutta ripiena in lei. Avrei bensì desiderato di recarmi in quel giardino, ma avrei voluto andarvi solo; aveva bisogno di pensare, di ricordare, di fantasticare a mio talento.

In quel momento la compagnia stessa di Clara mi sarebbe forse stata meno piacevole della sua memoria. Più volte a Milano aveva cercato qualche pretesto onde allontanarmi da lei, allo scopo di ritirarmi nella mia stanza e pensarci liberamente. L’amore ha spesso bisogno di ripiegarsi su sè medesimo.

In quel giorno Fosca venne invece a sedersi a tavola vicino a me; e benchè apparisse estremamente sofferente, si adoprò a tenerci lieti, e a rinfocare la conversazione con mille artifizii ingegnosissimi ogni qualvolta mostrava di languire.

Il suo spirito non era superficiale, la sua intelligenza era assai più profonda di quanto non lo sia ordinariamente un’intelligenza di donna: essa aveva del talento, e una distinzione di modi affatto speciale. Non poteva però indovinare se quel suo dissimulare tali virtù, quel-