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parole. Se siete inferma, guarirete; la vita ha dolcezze per tutti, ne ha di quelle assai intime che nè gli uomini, nè le sventure ci possono togliere — il piacere di beneficare.

— Beneficare! interruppe essa: ho provato. Ho gettato i miei gioielli e i miei abiti di seta dinanzi ad una folla di infelici che mi laceravano il cuore collo spettacolo della loro miseria. È dolce, ma non basta. L’esistenza non può essere tutta un sacrificio. La pietà non è che amore passivo, amore morto.

— È però sempre un aspetto dell’amore, io dissi, nè lo possiamo credere un affetto solitario se lo vediamo ricompensato dalla gratitudine.

— Credo più presto alla gratitudine dell’amore che a quella del beneficio, rispose ella.

Io tacqui. Successe un istante di silenzio. Ad un tratto — o volesse ella vendicarsi dei tentativi che io aveva fatto per deviare la conversazione da quel soggetto, ora che me ne vedeva infervorato, o si dolesse realmente d’esservisi lasciata andare — proruppe in uno scroscio di risa, e disse:

— Sono pazza io! In che discorso vi ho mai trascinato! Capisco che con me si può camminare impunemente anche su questa china sdrucciolevole; ad ogni modo... È molto tempo che siete arrivato qui? Avete veduto tutta la città? Vi piace?

— Da pochi giorni... e ho girovagato un poco per le vie. Sono del parere di vostro cugino...

— Un paese di Barberìa?

— E di Pellirosse!

Sorridemmo tutti e due, e credo l’una e l’altro per cortesia.

— Siete stato al giardino?

— Una volta.