Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
fosca | 51 |
Vedendo che la conversazione minacciava sì presto di trascinarci nel campo delle confidenze, mi astenni dal risponderle.
— Non sapete, riprese ella dopo un istante di silenzio e con tuono diverso di voce, che quel romanzo di Rousseau mi ha entusiasmata? Ne conosceva il soggetto, e ne aveva avuto sott’occhi alcuni sunti, ma non l’aveva mai letto.
— Avete avuto troppa premura di restituirmelo, è libro che vuol essere meditato.
— È vero, se il meditarvi sopra non fosse cosa pericolosa.
— Parmi anzi utile.
— Utile sì, certamente. Voleva dire pericolosa per la nostra pace, per noi donne, per... me. Vi sono delle letture che mi fanno male.
— Voi sapete, io dissi per tenermi da capo sulle generali, che Rousseau, così virtuoso nei suoi libri, ha esposto cinque figliuoli alla ruota di Parigi?
Essa mostrò di non aver compreso quell’artificio; accennò del capo come avesse voluto dire: «Altro è l’uomo, altro le sue opere», e riprese:
— Credo che il meditare sui libri e il rileggerli sia cosa sommamente inutile, anzi sommamente nociva; a meno che in tutta la vita non se ne leggesse che un solo, e questo fosse tale da instillarci principii retti e da fortificarvici. Di libri educativi non ve ne può essere che uno, pena la contraddizione, giacchè ogni uomo ha vedute opposte, o per lo meno diverse. Il leggere molti libri, il meditare su molti non ha altro effetto che quello di renderci dubbiosi sulle nostre idee, incerti nei nostri pensamenti; non si sa più a che cosa credere, e spesso si finisce col non credere più a nulla. Sono convinta che ogni libro che non diverte, fallisce al suo scopo; che