Pagina:Tarchetti - Fosca, 1874.djvu/36

34 fosca

dovrò a te, senza di te io sarei stato più nulla. Tu mi hai tenuto luogo di madre, di sorella, di amica, di patria — sì, anche di patria, poiché è per amor tuo che adoro cotesto angolo di terra; — tu sei stata, tu sei ancora il mio mondo, tu lo sarai sempre. Dovessi tu ripudiarmi, respingermi, io sento che non potrei mai disconoscere questo debito, né ribellarmi alla santità di questa memoria.

«E ti dico ciò perché tu sappia fino a qual punto puoi calcolare sul mio affetto, fino a qual punto sulla mia gratitudine.

«Ascolta ora il mio giuramento. Io non vivrò che di te, che per te; dimenticherò che vi sono al mondo altre creature, sarò onesto per essere degno del tuo amore. Eleverò questo affetto fino al culto di una religione. Ogni sera mi raccoglierò per pensare a te, ogni quindici giorni verrò a vederti. La distanza che ci separa non è sì grande da rendermelo impossibile. Il nostro santuario — quella stanzetta ove fummo tanto felici — è ancor nostro, ne ho meco le chiavi: non vi saranno più i nostri fiori, i nostri uccelli che ho lasciato volar via; ma vi ritroveremo ancora noi stessi, le nostre gioie, la nostra felicità, il nostro entusiasmo, i nostri cuori ardenti e immutabili. Potremo essere ancora felici, o mia buona Clara, potremo essere ancora felici!

«Ed ora, addio. Non por mente al disordine delle mie idee, perché la mia testa è quasi perduta. Ti scrivo come in un sogno, e mi porto spesso le mani al cuore per comprimerne i battiti. Oh potessi essere vicino a te, o mio angelo, vicino a te, e morire a’ tuoi piedi!»