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330 amore nell'arte

lei e ne bacia le labbra irrigidite dalla morte. Quale contatto! Egli si scuote, egli trasalisce inorridito, egli raccapriccia di quel gelo; e ricade prostrato dinanzi alla fanciulla. Allora egli piange, egli invoca, egli prega, — vorrebbe amarla, adorarla come una santa, e lo trattiene la memoria del suo passato; — vorrebbe odiarla, e lo arresta quell’immagine soave di angelo. Alcuni istanti dopo egli vaneggia e delira, — egli ripete ad alta voce il nome di Giulia, il nome della fanciulla adorata, e si abbandona al suo dolore disperato e selvaggio. — Poi l’asfissia dei fiori assopisce a poco a poco i suoi sensi, inebria e confonde la sua ragione: — egli prova come delle vertigini, — vede come degli oggetti che si muovono, — ode un bisbiglio di voci incomprensibili, — ripassano dinanzi a’ suoi occhi delle strane figure che lo guardano e sogghignano..., egli si agita, vorrebbe avventarsi contro di esse, tenta di rialzarsi brancolando nel vuoto, — e ricade spossato presso il cadavere della fanciulla.

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Certo, Bouvard non incontrò una morte così subita, nè così violenta, poiché i vicini raccontarono al mattino di aver inteso nelle ultime ore di quella notte dei gemiti e delle grida soffocate; — ma ciò che aveva colpito maggiormente la loro immaginazione, era stato un suono di violino, da cui erano rimasti affascinati e sedotti come da un’armonia soprannaturale; — nè mai s’indussero a credere, per quante prove ne venissero lor date, che quella musica fosse stata l’opera di un uomo.

Tale fu l’ultima creazione di Bouvard, l’ultimo lamento della sua anima, l’agonia sublime del suo genio. Vi erano in essa tutte le voci della natura, vi era il bisbiglio del vento e l’aleggiare dell’uccello, il susurro dei piccoli steli e il fremere dei grandi fusti dei cerri, lo scorrere del