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326 amore nell'arte

vere della fanciulla, e pochi istanti dopo è lasciato solo con lei nella sua dimora solitaria e segreta.

Allora il giovane la adagia con dolcezza sopra uno strato di fiori, — poi s’inginocchia e la guarda..., quell’abito candidissimo, quelle lunghe trecce disciolte, quel corpo che si abbandona e quasi si affonda coll’immobilità della morte in un letto profumato di verzura, — quella luce abbagliante che vi tinge ogni oggetto del colore dell’oro e del topazio, formano uno strano spettacolo che esalta e rapisce la mente immaginosa di Bouvard. — Ma egli non ha ancora osalo sollevare il velo che nasconde il suo volto: — egli trema di quelle sembianze, teme che la morte ne abbia già alterata la bellezza, paventa quello sguardo fisso e severo che deve rinfacciargli, colla sua terribile immobilità, il suo delitto. Mille pensieri si agitano allora nella sua anima conturbata, il pensiero della sua vita sofferente, dell’inutile suo amore, del suo genio infelice, di quell’abbandono di sè stesso che lo trasse di giorno in giorno, sempre esitante e sempre sfiduciato fino a spegnere la sua vita in una colpa: — giacché egli sente la prossimità del suo fine, giacché egli ha deciso irrevocabilmente di morire..., morire presso di lei, — presso di quella donna al cui fianco non ha potuto trascorrere quell’esistenza avventurata e innocente che era stata il suo sogno d’un istante.

A questo richiamo gli si affacciano tutte le memorie della prima giovinezza, di quegli anni confidenti e felici, quando l’avidità dell’ignoto gli dipingeva di mille colori vaghissimi le scene future della sua vita: — quelle illusioni, quei sogni, quella fede balda e sicura, quel sorridere cortese della fortuna, — quell’amore universale che avrebbe voluto spargere delle rose sulle teste di tutti gli uomini, — quel vagheggiare un nido e una famiglia e perpetuare la nostra esistenza in altri esseri