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amore nell'arte | 307 |
un fantasma nudo, che la nostra sola avidità di raggiungerlo lo riveste di colori abbaglianti e di forme celesti, e che non le rimane che un solo conforto disperato, — quello che ritrae da sè stessa.
Bouvard non ha che diciannove anni, e già ha trasvolato collo sguardo su tutto l’oceano tempestoso dell’esistenza: — egli vi scorge la gloria, la fama, l’agiatezza, la vita elegante e fragorosa, tutte onde clementi che sembrano assicurargli un posto tranquillo e sicuro; ma non è là ch’egli desidera di riposarsi, egli vaneggia un altro lido lontano e insperato... oserà egli nominarlo? oserà dirlo a sè stesso? Bouvard desidera un affetto, un affetto ardente come la sua anima, com’esso infinito, un amore di cui saziarsi o morire.
Egli era nato per amare. — Vi sono delle vite che non furono mai che una rivelazione continua, incessante di questo sentimento. — Bouvard aveva amato prima sua madre, e con essa la sua capanna, i fiori e gli uccelli delle sue montagne, poi la sua marmotta da cui si era diviso con delle lacrime, poi il suo cieco compagno e i poveri villaggi della Savoja che aveva percorso con esso.
Egli è a lui sopratutto, che aveva rivolto per molti anni le sue cure pietose e il suo affetto. Quel vecchio gli aveva tenuto luogo di un mondo: — vi aveva trovato la severa tenerezza del padre e la confidente espansione dell’amico. Il povero Jeanin era stato un tempo un artista conosciuto, poi amareggiato dal livore dei cattivi, poi ingratamente obliato, e aveva voluto fare di Bouvard un alievo destinato a rivendicare il suo genio. Egli è altresì a quell’esempio che il giovinetto aveva piegato il suo cuore ad una tenerezza infinita, ad una sensibilità senza conforto, ad una generosità d’animo troppo grande e troppo spesso vilipesa dagli uomini.