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amore nell'arte | 301 |
— Sentiamo, diss’egli, è ben questo un grillo che canta; — perchè canta egli questo grillo?... e che cosa fanno lassù tutti quei luminari che il buon Dio accende tutte le sere?... e queste piante?... e questo usignuolo che sento gorgheggiare da lontano? — In verità, io non avevo mai osservato che ci fossero tante belle cose nel cielo, e che i grilli cantassero di notte così dolcemente. Oh! egli deve essere pur buono il Signore se ha creato tante cose meravigliose.
Bouvard cadde in una profonda meditazione; — egli pensò a sua madre e alla sua capanna, e a quel mondo sconosciuto nel quale stava per entrare così fanciullo: — a poco a poco i suoi sensi si assopirono, — egli porse attenzione a tutta quell’armonia malinconica che blandiva il suo orecchio come la nenia d’un bambino, — a quel fremito degli steli, — a quel susurro degli insetti, — a quel lamento delle acque, — alla voce del vento e delle foglie: la sua anima acquistava una strana sensibilità, il suo udito una potenza di sensazione ineffabile: — egli distinse le note più delicate, i tuoni più melodiosi, le cadenze più dolci; e gli parve d’aver indovinato il segreto della grande musica della natura. Egli prese la sua gironda e suonò una vecchia aria lamentevole che aveva ascoltata un tempo da suo padre: — non vi era nulla di più semplice di quella musica, nulla di più monotono di quel suono; ma pure egli vi trovò tanta dolcezza che i suoi occhi si riempirono di lacrime, e quando ebbe finito, si avvide che stava inginocchiato pregando.
Fu una grande rivelazione quella che la natura aveva fatto in quel momento a Bouvard: egli aveva compreso di essere artista; per una potenza straordinaria di intuizione, egli aveva presvelato il mistero di tutta una vita.
— Una fiducia illimitata di sè stesso, un’avidità irresi-