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292 | amore nell'arte |
intuizione del suo stato. Vi furono dei momenti in cui Riccardo aveva pensato di sottrarsi col suicidio all’orrenda persecuzione di quell’immagine; vi fu un giorno in cui, il giovine inorridiva pensandovi, aveva osato perfino di maledirla. E che poteva ora pretendere da lui quella donna? quali erano i tremendi disegni di quello spirito severo e implacabile? Avvelenargli tutte le sorgenti della vita, mescersi a tutte le sue gioie, travolgere tutti i suoi affetti, turbare tutti i suoi sonni... perchè... sì, era d’uopo che egli il confessasse a sè stesso, egli si era deciso per ciò solo a scegliersi una nuova compagna: per avere una creatura al suo fianco, cui dire nella notte: — Svegliati, te ne prego, ho paura, ella è lì, vedila; ella mi vuole, ella mi domanda.
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Riccardo volgeva nella sua mente questi pensieri in quella stessa ora felice che seguiva al suo nodo fortunato; tra lo stesso fragore del ballo, in quella sala di papà Duport che per una strana somiglianza di decorazioni e di arredi gli richiamava alla memoria quella sala di una casa sconosciuta ove aveva veduto Anna la prima volta.
Ma egli fu riscosso assai presto da quella preoccupazione affannosa: tutto gli parlava di felicità e di amore in quel luogo, e la danza e quel frastuono di mille voci, e quel profumo inebbriante di donna, — emanazione della loro anima, mista a quegli atomi più preziosi della loro persona che esse abbandonano col moto, come i fiori agitati dal vento abbandonano la parte più pura del loro polline fecondatore. Ma nell’uomo questo profumo, il bacio di questi atomi volatizzati, non desta che la voluttà, e non suscita che desiderii di amore: nel fiore, essere più perfetto, soddisfa egli solo a tutte le leggi della fecondazione.