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amore nell'arte 289

pevole abbia potuto allontanare dal cuore del giovane la dolce immagine della fanciulla, e quasi rimproverarle la tenacità del suo affetto e l’assiduita della sua dimora presso di lui; egli è però ben certo che, due anni dopo la sua perdita, l’anima di Riccardo incominciò a ribellarsi a quella memoria, e ciò che aveva formato un tempo uno dei suoi allettamenti più dolci, quella presenza spirituale di lei, che manifestavasi appunto nella fecondità e nella potenza improvvisa del suo genio, divenne pel giovane un oggetto di terrore e di sdegno.

Riccardo si sentiva trascinato al realismo della vita, e forse la sua anima era troppo debole per reggere all’imponenza di quell’affetto, troppo poco elevata per inorgoglirsene e tributargli il sacrificio di tutta la sua esistenza. E pure egli lo aveva promesso: «Tu mi amerai anche dopo la mia morte, tu mi amerai per tutta la tua vita;» ecco il patto terribile che lo aveva vincolato a quella fanciulla, e che ella sembrava richiamargli ad ogni ora, ad ogni istante, rinfacciandogli, colla tremenda solennità della sua presenza, il disegno che egli aveva concepito d’infrangerlo. Parve a Riccardo che vi fosse qualche cosa di crudele in quel pretendere il compimento d’un sacrificio sì inutile e sì doloroso; egli pensò che l’insistenza della fanciulla lo sciogliesse dall’obbligo della sua gratitudine e del suo amore, e credette che avrebbe potuto dimenticarla senza essere infedele ed ingrato.

Egli è così facile il credere ciò che è nei nostri voti, che Riccardo si avvalorò di quella persuasione per obbliare senza rimorso ciò che doveva essere l’oggetto di tutti i suoi affetti di amante e di tutte le sue aspirazioni di artista: a poco a poco il suo spirito si sentì preparato a quella rivolta, e un giorno esitò, poi decise, e si