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270 amore nell'arte

tolo al tribunale incorruttibile della sua coscienza. Io misento umiliato nella mia natura di uomo all’idea di emettere un giudizio su queste creature. Io li vorrei poco meno che esclusi dalla nostra grande famiglia, nè dubito che verrà un tempo in cui l’umanità riverente ai due grandi principii d’ogni ordine sociale, che sono la punizione dell’ozio e la santità e la ricompensa del lavoro, condannerà all’ostracismo e al disprezzo questa classe inoperosa e fatale. Giova però osservare che il fashionable inglese ha certe eccentricità proprie della sua nazione che ne fanno un tipo interessante e curioso: il tedesco è quasi sempre assai colto, spesso artista o poeta: il francese splendido, originale, simpatico, impaziente di profondere tutta la sua fortuna per avere il diritto di uccidersi a venticinque anni, o di rientrare con decoro nella vita domestica: ma l’italiano non ambisce che lo sfoggio dell’abito, non ha nè arte, nè studio, nè distinzione alcuna, nè pregio alcuno intellettuale: egli è costantemente il più frivolo, il più ignorante e il più scipito di tutti.

Riccardo non era però tanto caduto in fondo d’ogni bassezza che non riconoscesse l’avvilimento che gli proveniva da quella sua vita insipida e vana. «Io ho più di cento mila lire di debito, diceva egli una sera a sè stesso, una somma che non potrò più restituire, la fortuna ha cessato di sorridermi, e di tutto ciò che mi aveva accordato una volta non mi è rimasto nè un confidente, nè un amico, nè tampoco uno di quei buoni cavalli amburghesi che aveva portato meco da Ofen: in verità gli è ben tempo che io riprenda tra le mani quell’eccellente spartito di Mozart, che riassume tutte le mie memorie di collegio: non per nulla la Provvidenza lo avrà collocalo tra gli arnesi della mia guardaroba e conservatomelo per due anni nel fondo della mia vec-